lunedì 23 luglio 2012

Mo te lo spiego a papà perché il gioco è bello quando dura poco

“Papà facciamo quel gioco con le biglie?”
“Va bene”.
“Io voglio la biglia quella verde con le macchie bianche”.
“Io boglio quella rossa e gialla”.
“Si, si prendete quella che volete però scegliete in fretta”.
“Io questa”.
“Io questa qua”
“Adesso mettiamoci a terra con le gambe aperte e con la pianta del piede che tocca quella dell’altro.”
“E che facciamo papà?”
“Mettiamo al centro una biglia grande e uno alla volta tira per colpirla”.
“Si, si bello”.
“Allora comincio io. Pronti, partenza, via. Mannaggia non l’ho colpita. Adesso tira tu”.
“Si tiro io, aspetta metti il piede così. Aspetta prendo un’altra biglia grande e una piccola”.
“Pure io un’altra grande e una piccla”.
“Ma dai tira prima e poi ti alzi”.
“Queste due le metto qui vicino la gamba così le posso guardare”.
“Io metto qui vicino a pisello”.
“Dai mettetele dove volete ma tirate”.
“Io tiro però con la gamba così, guarda. Fa una curva e la biglia può anche girare”.
“Io metto le gambe così”.
“Si, ma ora tira, dai colpisci la biglia”.
“Si però aspetta devo aggiustare quella grande che si è mossa un po’”.
“Va bè, ma non fa niente, dai tira che poi deve tirare tuo fratello”.
“Si perché vengo prima io e poi lui”.
“Si, si pima lui e poi io”.
“Ok ora vorresti tirare. Ti prego fallo. Guarda che ci sono tutti i personaggi Lego che stanno invocando il tuo tiro. Non ce la fanno più neanche loro”.
“Papà adesso tiro, fammi concentrare”.
“Mamma mia ti devi pure concentrare? Fai attenzione che ti fai sotto”.
“Papà che dici, uffa. Io non faccio cacca sotto. Io sono grande”.
Oddio ho innescato altro argomento di distrazione. Ho creato un mostro!
“Adesso TI-RAAAA. Muoviti”.
“Papà però…”
“Però niente. Se ogni volta che devi fare un tiro o un gioco ci metti così tanto tempo e mi fai pure innervosire mi dici qual è il divertimento?”
“Guadda, tiro io, guadda io coppisco”.
“Noooooooooo. Dovevo tirare prima ioooooo”.
“Adesso un’altra tragedia. E tu lo sai che doveva tirare prima lui però”.

A pensarci bene mi sa che non sono io che gioco con loro, ma loro che giocano con me. Ho l’impressione che si siano messi d’accordo con un linguaggio in codice e non ho capito subito che il vero gioco è a chi mi fa innervosire prima.

“Papà, ma adesso non giochiamo più?”
“No perché si dice che il gioco è bello quando dura poco”.

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